MARIUS STROPPA SCIENZA

All’ inizio degli anni ‘ 30 un eccentrico mezzo di trasporto si aggirava per Milano: era un’avveniristica libreria viaggiante, progettata per l’editore Rizzoli. 

L’ artefice del progetto, Mario Stroppa, negli ambienti accademici era noto come Marius. 

Il suo paese natale è Pandino, i suoi compaesani lo chiamavano «Mariomacchina», irridendo un po’ il suo estro creativo, come spesso accade agli uomini di genio. 

Nato il 1880, Mario Stroppa fu fin da giovane un brillante autodidatta, frequentò il corso triennale della scuola superiore d’ arte applicata alle industrie del Castello Sforzesco. 

Nel ‘ 97, fresco di diploma, si iscrisse all’ accademia di Brera, ma non terminò mai gli studi e forse questa scelta pregiudicò il suo futuro. 

La sua abilità nel tratteggiare prospettive a volo d’ uccello, il gusto nel proporre le sue illustrazioni, il suo estro nel progettare soluzioni avveniristiche per edifici e città lo resero uno dei progettisti più richiesti dagli architetti. 

Ma lui, non poté mai firmare un proprio progetto architettonico.  Nel 1927, partecipò, in collaborazione con un grande architetto, al concorso indetto dal Comune di Milano per lo studio del piano regolatore della città: purtroppo il progetto fu solo menzionato, nonostante Marius dimostrasse di precorrere i tempi con il suo studio per una metropolitana e per tram elettrici. 

Negli anni tra il 1903 e il 1942, Stroppa conobbe il successo grazie alla sua attività d’ illustratore, progettando e decorando molti padiglioni per varie esposizioni, realizzando i manifesti pubblicitari per molte rassegne. 

L’ Editore Rizzoli in effetti fu proprio uno dei suoi più importanti committenti. Per lui Marius progettò il Padiglione del libro alla Fiera campionaria del 1935 a Milano.  Ma nonostante le sue straordinarie doti, nonostante le mille conoscenze, Marius non riuscì mai a sfondare. Un uomo geniale, dall’ intelligenza leonardesca, che non conobbe mai i dovuti riconoscimenti. 

Chi l’ha conosciuto ricorda come vivesse di pochissimo, recluso nella sua stanza del castello di Pandino che il Comune gli concesse in uso per portare avanti i suoi esperimenti sulla macchina per il «moto perpetuo», i suoi progetti per una linea d’ arredamento davvero insolita. 

Senza possibilità di scaldarsi, senza un camino da cui attingere un po’ di calore, morì povero nel 1964, sostenuto solo da un vitalizio devoluto dalla Famiglia Artistica di Milano.

Alla morte di Marius, le sue opere vennero donate al Comune di Pandino, con l’impegno di realizzare un museo dedicato all’artista.